Inutile fare calcoli o altro. La Sampdoria deve andare a Palermo a giocarsela senza nessuna paura. Poi quello che succederà, succederà…
Ragazzi, ci siamo. Nel senso: ci siamo ai playoff. Tanta roba, eh? Basta pensare a dove eravamo a metà maggio 2023, un anno fa, per capire quanta roba sia questo traguardo, che pure fa storcere il naso a qualcuno.
Ma vogliamo parlarne? Dobbiamo ripercorrere la strada fatta – e non ancora conclusa, perché mine da disinnescare ce ne sono ancora diverse – oppure basta guardare i numeri?
A differenza del Direttore di questa pagina – al quale voglio bene, persona libera se ce n’è una, ma che condivido assai di rado – io non avrei mai pensato di potermi giocare la promozione a questo punto dell’anno.
Intendiamoci: tra due giorni potrebbe essere finito tutto, e non sarebbe uno scandalo. Né, a parer mio, una tragedia. Ma essere qui è già di più di quanto la gente blucerchiata avrebbe ragionevolmente potuto chiedere un anno fa.
Poi, è ovvio, l’appetito vien mangiando, e giocarsela è per lo meno doveroso. A ben guardare, i numeri certificano una realtà che va solo lodata: primo pubblico della serie B, decimo in assoluto in Italia, che diventa settimo se si parla del seguito in trasferta (e con più di una missione fuori le mura vietata da qualche genio romano).
Sampdoria crediamoci. Crediamoci tutti…
Sampdoria, ma sì andiamo a Palermo a giocarcela senza nessuna paura!
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Io – parlo per me – mi sarei accontentato di quello che ho visto: tornare a parlare di calcio, e non di trust; vedere qualche bella giocata; innamorarsi nuovamente di uno o più giocatori; percepire la voglia di Sampdoria da una settimana all’altra. Senza troppo doversi guardare dietro in classifica, ma anche senza l’assillo di dover guardare avanti. E già di questo sono contento.
Ma, secondo me, siamo andati oltre: e nulla mi toglie dalla testa che, a ranghi sempre sufficientemente completi (intendo: non con dieci assenze contemporanee di grandi protagonisti, come le sere marassine di Parma e Cremonese), saremmo potuti essere qualcosa di più.
E allora andiamoci a mente sgombra, a Palermo: sapendo che non è Lecco, nè per la distanza, né per la tifoseria (la seconda della cadetteria dopo la nostra), né infine per la caratura (squadra che gioca insieme da oltre due campionati, pur avendo cambiato timoniere).
Sembra una frase fatta: non abbiamo niente da perdere. Quello che ci serviva – il gusto di esserci e di veder rotolare un pallone sull’erba – lo abbiamo già ritrovato, e nessuno ce lo potrà più togliere.