Il segreto della vittoria della Sampdoria nel derby di Coppa italia? Le scelte di Pietro Accardi di una rosa bella e profonda…
Vincere il derby, amici di ClubDoria46, è sempre una grande soddisfazione, c’è poco da girarci intorno. Lo è – va detto – per entrambe le sponde, anche se in modo diverso, e non voglio dilungarmi sulle sfumature anche se – è oggettivo e, come sapete, non accetto contraddittorio – le differenze stilistiche permangono, sebbene cambino tempi e protagonisti, la qual cosa finisce per attenuare le diversità comportamentali.
Quando ho avuto in mano la distinta che viene consegnata in tribuna stampa prima della gara, il mio primo pensiero è stato che la formazione rossoblù fosse nettamente superiore, e che nessuno dell’undici di partenza scelto da Andrea Sottil sarebbe stato titolare sull’altra riva del Bisagno.
Qualcuno, ruolo su ruolo, forse si poteva equivalere, ma poi stop. E, comunque, formazioni per certi versi insolite: rossoblu al completo, ampio ricorso al turnover tra i blucerchiati, con ben sei undicesimi che non comparivano nella distinta iniziale di sabato scorso.
Poi ho guardato le panchine, e il secondo pensiero è stato: quella blucerchiata equivale alla squadra schierata, di là invece ben pochi si giocherebbero un posto, almeno in questo momento.
Detta diversamente: Sottil ha cambi potenzialmente migliorativi, Gilardino no. La panchina della Sampdoria è superiore, esattamente come l’undici iniziale è inferiore.
E niente: potrei già chiudere qui la mia riflessione. Perché, a squadre stanche, e considerando il non gioco rossoblù e, invece, la padronanza del terreno di gioco dei blucerchiati, cambiare con forze fresche avrebbe potuto fare la differenza. E così è stato.
Sampdoria, vittoria nel derby merito delle scelte di Sottil (e di Accardi)
Sampdoria, il segreto del derby? Chiedetelo a Pietro Accardi: la profondità della rosa
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Nel dettaglio, il centrocampo della Sampdoria ha giocato una partita sontuosa. Meno di due settimane fa, a Cosenza, aveva disputato un primo tempo disastroso. Ronaldo Vieira, riportato tra le mezze ali, sembrava tornato quello dello scorso autunno, e dava il cambio a Melle Reinhard Maria Meulensteen (che a me è piaciuto tantissimo, e discordo da tanti analisti che lo hanno “visto” poco) nell’abbassarsi a ricevere il primo pallone e a rilanciare l’azione.
Ebenezer Akinsanmiro era finalmente convincente e, nella sua acerba e allegra anarchia, creava non di rado superiorità numerica. Bartosz Bereszynski ha disputato una grande partita, così come Fabio Depaoli. Ho apprezzato persino Antonino La Gumina: molti notisti non hanno capito, secondo me, il suo inserimento, ma credo di aver capito che Sottil ami molto che le due punte (se si gioca con due davanti) giochino vicine.
Le scelte dell’attacco…
Da qui la scelta di mettere accanto a Massimo Coda una punta con caratteristiche simili, e poco importa che abbia toccato uno o cinquanta palloni: due vicini e centrali contro una difesa a tre insolitamente svagata hanno creato varchi dei quali hanno potuto approfittare gli incursori, primo fra tutti Depaoli.
A differenza del suo avversario, Sottil ha poi potuto attingere dalla panchina non solo uomini (Tutino per Coda), ma anche modulo (due punte larghe e fresche come Borini e Sekulov, al posto di un attaccante centrale e di un centrocampista), e la partita è girata verso il meritato pareggio di Fabio Borini, preludio al trionfo dagli undici metri.
Mi porto a casa sensazioni positive, che però spero diventino continuità in campionato. Mi fa ben sperare il fatto che ci siano ancora risorse importanti da esplorare; mi preoccupa, invece, l’eventualità della rondine che non farebbe primavera, come vuole un diffuso adagio.