La Sampdoria va male in campo, peggio fuori. Ma è in campo che si può lottare e questa sembra una squadra di Giovanni Stroppa…
Sono piuttosto sconcertato dall’approssimazione di tanti commentatori che definiscono come un monolite – negativo, ma sempre monolite – il campionato della Sampdoria. Anzi, dirò di più: sono infastidito, perché ho come l’impressione di essere circondato da zotici, incapaci del benché minimo approfondimento, ignari della storia e illetterati calcistici del presente.
Mi può anche stare bene il semplice rilievo statistico dato dalle quattro sconfitte consecutive seguite alla bella vittoria di Reggio Emilia. Ma paragonare la Sampdoria di adesso – squassata da problemi societari, porte girevoli per il mercato, impossibilità di far quadrare pranzo e cena, culi e sedie, tasse e stipendi – a quella dei mesi in “-bre”, nefasti per antonomasia, mi sembra semplicemente una forzatura da menti sempliciotte.
Diciamo che un filo conduttore c’è: la squadra è stata pensata male in estate, nella convinzione – dimostratasi erronea – che un cavaliere bianco sarebbe tosto arrivato a salvare i colori più belli del mondo (n.b.: quelli veri, scelti da terzi, non autoreferenziali come nell’etere diffondono voci ignoranti che se non ci fossero calciatori biondi o pelati sarebbero fritti).
Ma per il resto, via, un po’ di autocritica, cari imbrattatori di carte un tanto al chilo!
Sampdoria, il gioco di Stroppa? Nessuno si offenda, anzi…
Sampdoria, sembra una squadra di Giovanni Stroppa…
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Detto questo, che a me sembra doveroso, parlo di una Sampdoria che da gennaio ha cambiato marcia per quanto riguarda il gioco, anche se non per i risultati. Con Empoli e Udinese erano arrivati due punti – clamoroso quello scippato in terra toscana, ed è poca consolazione sapere che il pessimo Santoro da allora non ha più arbitrato – vanificati da errori arbitrali a senso unico (e, sia detto per inciso, non ho apprezzato nemmeno Valeri a Bergamo: il giovane macellaio Scalvini – cosa ci troveranno di fenomenale? – andava cartellinato già nel primo tempo), segno che anche le giuste, forti ma corrette proteste di Lanna al Castellani non hanno sortito alcun effetto. Il che, tra parentesi, è ancora più preoccupante. Come dire: abbiamo sentito, pensa quello che vuoi, non cambiamo marcia, e se possiamo vi diamo addosso.
Comunque, e per tornare a bomba: la squadra gioca a viso aperto, alla pari, anche contro squadre più forti. Crea, tira, ci prova, ma non raccoglie. In compenso paga cara una disattenzione a partita. Ricorda le squadre di Stroppa, un allenatore che in blucerchiato farebbe bene (non scherzo): giocano, si fanno vedere, sono divertenti, ma fragili dietro e poco pungenti davanti. Successe a Crotone, si è ripetuto a Monza.
Cosa ci portiamo allora di queste gare? Anzitutto la certezza che a questa squadra mancasse Winks. Un centrocampista totale, di piede, di passo, di testa (fateci caso, non si guarda mai i piedi). La mancanza di vero attaccante centrale, e non è produttivo gettare la croce addosso a Lammers, che è una seconda punta e si sbatte circa centodieci volte più dell’ultimo Caputo. E la mancanza di alternative valide in difesa, nonché quel pizzico di esperienza che faccia giocare tutti anche sulle seconde palle, quella che nel basket sarebbe la lotta a rimbalzo: spesso l’episodio decisivo (Udinese, Atalanta) nasce da lì, dalla difesa schierata che respinge o manda in angolo la prima palla e, come se accusasse una punta di rilassamento, subisce il contro cross o il tap in. Imperdonabile.
Fa bene Stankovic a crederci: i progressi ci sono stati. Adesso, però – o mai più -, è il momento di farli diventare punti. Quelle davanti – ad esempio Salernitana e Spezia, che all’ex Brumana ne hanno presi rispettivamente otto e cinque nelle ultime due settimane – non sono questa meraviglia.