Sampdoria, Pellegri? Aveva ragione Vujadin Boskov…

I tifosi della Sampdoria non dimenticano il gesto di Pietro Pellegri e la difesa dei tifosi del Genoa. Aveva ragione Vujadin Boskov…
“Noi siamo noi”. Così disse tanti anni fa una delle stelle del nostro firmamento, una delle più significative, sicuramente il più arguto. E il resto lo si conosce.
È su questo motivo che inizio da oggi a tratteggiare, per differenza, lo stile del tifoso della Sampdoria. Anche in questo momento triste e spaventoso, sicuro che il potersi riconoscere in ciò che ci distingue ha fatto, fa e farà la differenza.
Voglio però iniziare con due precisazioni. La prima: è tutta meraviglia sulla nostra sponda, e tutto pessimo altrove? No. Uno degli episodi di tifo che più mi hanno sconcertato in cinquanta e passa anni di stadio, video, microfono, penna, l’ho visto fare da un ragazzotto tifoso blucerchiato, che rivolto ai tifosi del Torino mimava l’aeroplano. Sottinteso: Superga. Una vergogna difficilmente cancellabile. L’ho visto fare solo ai gobbi della cintura torinese, e credo di non dover aggiungere altro.
La seconda: per parlare con me – e intendo: ragionare con me, portare argomenti, discutere, dibattere, e in ultima analisi menarmelo con cognizione di causa – pretendo che se ne sappia quanto me, si conoscano i fatti – tutti – date, dati, partite, episodi. Non intendo provocare, né essere provocato; buttarla in baraonda, o contare le mele con le pere, insultare, o essere insultato. Ripeto: per quanto possa sembrare presuntuoso, per parlare con me di certi argomenti bisogna saperne, senza approssimazioni né banalizzazioni. Ed essere civili. Sono andato a scuola dal migliore di sempre, Paolo Mantovani. E anche qui credo di non dover aggiungere altro.
Arrivo al primo episodio di quanto intendo con queste note: l’esultanza di tal Pietro Pellegri, misconosciuta punta di rincalzo del Torino (otto reti da professionista in sei stagioni, pur con l’attenuante di alcuni infortuni), cresciuto nel vivaio di un’altra squadra genovese di cui mi sfugge il nome e per la quale fa il tifo.
Sampdoria, aveva ragione Vujadin Boskov
Sampdoria, Pellegri? Aveva ragione Vujadin Boskov…
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Il suddetto, che per determinate caratteristiche può essere paragonato a Felice Evacuo, uno dei migliori bomber italiani dell’epoca recente e al quale auguro altrettale prolificità offensiva (per gli scettici: Felice Evacuo – Wikipedia) – dopo aver segnato una rete astuta a partita ampiamente scaduta, di un campionato ampiamente scaduto, contro una squadra ampiamente scaduta, di pertinenza di una società ampiamente scaduta – si lasciava andare ad un’esultanza tanto infantile. Un’esultanza provocatoria, portando le mani alle orecchie – presumo per dimostrare l’esistenza di una testa – rivolto alla gradinata avversaria, che ben poco – ero presente, non dico mai cose “de relato” – aveva fatto per inimicarselo, salvo qualche ovvio spernacchio per la provenienza diretto a lui e ad alcune sue familiari.
Ma non è di questo che intendo parlare. L’episodio è sciocco ed esecrabile, e tutti hanno potuto vederlo. Mi soffermo invece sul diffuso giustificazionismo che è uno dei tratti distintivi di altre parti calcistiche delle quali continua a sfuggirmi il nome, la mitizzazione di chiunque si renda autore di un misfatto ai danni dei colori blucerchiati.
Prendiamo sempre le distanze da certi comportamenti provocatori
Insomma: così come faccio io, prendendo le distanze da comportamenti poco edificanti da parte dei miei, ingenuamente penso che così si comporti la maggior parte degli sportivi. Mi sbaglio. C’è una schiatta che fa eccezione, sempre. Parte sempre la memoria selettiva, il coretto degli “…ma allora Audero, ma allora Sabiri, ma quella volta Icardi, o Montella…”, con tanto di foto che – tra l’altro – sono spesso la smentita della tesi sostenuta. La ragione di fondo? Uno dei loro che dà addosso ai nostri ha sempre ragione, perché torti e ragioni sono soggettivi. Contando sempre insieme lettere greche e numeri arabi, cioè episodi neanche lontanamente paragonabili, e facendo passare la vittima come un carnefice, dimenticando che da una parte c’è una tifoseria – in questo caso la nostra, ma potrebbe essere stata qualsiasi altra – che ha ben altri motivi per essere (non sentirsi, essere) vittima vera, e dall’altra un professionista che dovrebbe stare al gioco: pensare a fare gol e ascoltare “osanna” e “crucifige”. Tra parentesi: gli arbitri, allora, cosa dovrebbero fare? Il “televisore” ai tifosi a fine di ogni partita? (Il “televisore”, per chi non lo sapesse, è abbassarsi la mutanda e mostrare le terga piegandosi in avanti, n.d.r.).
Mi aspetto quindi che nel Pantheon altrui – accidenti, continua a sfuggirmi il nome… – compaiano anche il Felice Evacuo del terzo millennio e persino tal Ghiglione, modesto laterale padano, vendicatosi a Pasqua con sberleffo – ma lui può, è di quelli – della goffa giravolta con la quale consegnò a Linetty il pallone per l’assist vincente a Gabbiadini a cinque minuti dal termine di uno dei derby più goduriosi della storia, dicembre 2019. Insieme ad altri fuoriclasse di quella sponda, quali Koeman, Julio Salinas, Rui Aguas, Jemaa, Trentalange.
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