La Sampdoria di Massimo Donati ha rimesso ogni Coda al suo posto con una vittoria arrivata con la migliore formazione, almeno oggi…
Domenica pomeriggio, arrivando allo stadio, con gli amici e compagni di banco in tribuna stampa nasceva spontanea un’osservazione, dettata dal buon senso e dalla ormai lunghissima frequentazione degli stadi. Avendo due sole punte in organico, delle quali una ben strutturata ma piuttosto avanti negli anni, e una che punta centrale esattamente non sarebbe, per movimenti e fiuto del goal, l’idea di partire inizialmente con la seconda e poi, a partita in corso, far subentrare la prima non sembrava, a priori, la scelta migliore, soprattutto se si è chiamati a fare la partita.
Traduzione: se inizi con Marvin Cuni in gare casslinghe, con squadre alla tua portata, lo metti nelle peggiori condizioni possibili per far vedere cosa sa fare, e lo fai rendere meno di quanto potrebbe, specialmente se in un tridente uno degli appoggi è un centrocampista adattato (per quanto corsaiolo come Benedetti, non male nelle ultime apparizioni) e l’altro un ragazzo molto dotato ma a caccia di esperienza.
Se poi Massimo Coda subentra nel finale, a squadre lunghe e spazi larghi, lo costringi ad estenuarsi nelle rincorse e senza potersi destreggiare in area, la sua zona di comfort.
Così, leggendo la formazione iniziale del match con il Pescara, ci era venuto naturale un: “Ecco, questo sulla carta è l’undici più coerente”, considerando che i talenti alle spalle di Coda erano due, votati all’attacco e tecnicamente di livello superiore.
Sampdoria, Massimo Coda è stata la scelta giusta!
Sampdoria, ogni Coda al suo posto…
E se già il primo tempo aveva lasciato, ma solo a sprazzi, intravedere qualcosa di positivo (ad esempio il gran pallone lavorato da Coda per il sinistro di Pafundi rintuzzato in angolo da Desplanches), e l’essere andati sotto nel punteggio sembrava una coltellata proditoria, nella ripresa la scelta di Donati di inserire Giordano e cambiare fascia a Venuti e De Paoli permetteva ai due ragazzi di diventare irresistibili. Quattro reti, e sarebbero potute tranquillamente essere otto. E senza rischiare niente: un centrocampo con maggiore sponda offensiva poteva permettersi di coprire al meglio la mediana con un Abilgaard dominante e un Bellemo alla, direi, migliore recita in blucerchiato. Persino Cuni, con più spazi, nel finale è stato più incisivo.
E la difesa, da quando è arrivato Hadzikadunic ed è stata registrata, ha perso tre reti in quattro partite dopo averne subiti sette nelle prime tre.
Segnali.
Mi sembra di poter fissare alcuni punti che emergono.
Il primo è che la rosa è quella che è, con abbondanze in certi reparti e lacune in altri.
Il secondo è che c’è consapevolezza tecnica di questo: a Donati va dato atto di aver studiato le mosse per risolvere i problemi più evidenti, e alla squadra averci creduto. Da Monza in avanti la crescita è sotto gli occhi di tutti, tranne dei prevenuti.
Il terzo è che bisogna confermarsi, senza farsi prendere la mano da un entusiasmo eccessivo e fuori luogo.
E quando i giocatori ancora in ritardo di condizione o fisicamente non a posto saranno nuovamente disponibili, le frecce all’arco di Donati aumenteranno.
Obiettivo? Fare meglio di un anno fa. Non è impossibile.