La Sampdoria è caduta in Serie C per colpe sue ma ora cosa farà la proprietà e Matteo Manfredi? Se servisssero consigli…
La vita spesso ti mette davanti ad un bivio. Scegliere, lo sappiamo, significa anche rinunciare.
Matteo Manfredi è, oggi, il presidente che lungo la storia ottantennale della gloriosa Unione Calcio Sampdoria è riuscito a portarla in Serie C. Altri hanno rischiato, a lui è successo. È il presidente? Sì. È il proprietario? No. Pare (parrebbe) essere un certo Mr. Tey, Singapore.
Quindi.
Quindi, se io fossi l’avente poteri nella Sampdoria avrei davanti due strade. La prima è quella di cedere; la seconda quella di proseguire.
Se scegliessi la prima, avrei davanti altre due strade. Quella del “tanto meglio, tanto peggio”, che se andiamo a vedere è stata la strategia diabolica del mai abbastanza vituperato predecessore; o quella “dei filtri”, anch’essa tratta dal recente passato presidenziale.
Se scegliessi i filtri avrei davanti ancora due strade. Quella del primo che capita – che so, un faccendiere burino – o dell’aiuto da casa (e più non dimandare); e quella di una scelta consapevole e oculata.
E se invece, al primo bivio, scegliessi di continuare, avrei davanti due strade: la prima, quella di continuare dritto per dritto, certo che l’idea sia quella giusta ma purtroppo sfortunata. Quindi, avanti con i miei consueti collaboratori, e pazienza se non distinguono l’area di porta dal campo per destinazione, e finora hanno dimostrato l’efficienza di un bidello di Belo Horizonte durante Brasile – Argentina e l’efficacia di un vaccino contro la povertà.
Oppure potrei scegliere di spianare tutto: via gli incompetenti, e comunque tutti coloro che sono legati per qualche anello alla gestione precedente (o, addirittura, alle gestioni precedenti), gente di campo e di scrivania, e cronoprogramma di rapida esecuzione così composto:
1. Giornate di confronto con chi conosce storia, temi e questioni dell’universo sampdoriano (Museo Sampdoria, Tifoseria Organizzata nei suoi massimi rappresentanti, voci e volti storici del “raccontare la Sampdoria”, tanto per dirne qualcuno). Giornate nelle quali la dirigenza blucerchiata deve dimostrare di saper fare cose che da due anni sembrano fantascienza, ad esempio ascoltare e farsi insegnare e spiegare.
2. Giornate di lavoro per ricostruire dalle basi una rete che sappia lavorare con i giovani, atteso che la debacle della prima squadra è sì preoccupante, ma anche probelamtica in prospettiva, con una Primavera retrocessa in modo ignominioso (e lasciamo perdere le Women) e le altre giovanili tutt’altro che brillanti nei rispettivi campionati.
3. Scelta di un vero Direttore Generale, un uomo di calcio, di relazioni, anche di compromessi, di “poteri forti”, finalmente. E su sue indicazioni, senza parametri o algoritmi, la scelta di un allenatore e – di conseguenza – di una rosa che facciano al caso.
Sampdoria in Serie C, facciamoci mettere almeno nel Girone A…
Sampdoria in Serie C, se io fossi la proprietà e non Manfredi…
Già, “fare al caso”. Se per la Serie B, dopo le macerie lasciate da nani e ballerine con accento testaccino, ci si poteva accontentare di un periodo di transizione, propedeutico al ritorno nella massima serie, in Serie C – qualsiasi sia il girone, ma cercate di farvi assegnare il girone A, anche a questo servirebbe un D.G. con le palle – il decimo pubblico per presenze in Italia, settimo in trasferta (considerando ovviamente quelle non condizionate da osservatori a cui un grande D.G. le canterebbe chiare), primo in Liguria soprattutto in virtù del numero di estimatori anche fuori Regione, pretende l’immediato ritorno nella cadetteria.
Non ci si racconti dell’anno di transizione. Una società come la Sampdoria, costretta suo malgrado alla Serie C, questo campionato lo vince: qualsiasi piazzamento al di sotto del primo posto sarebbe inaccettabile. Poi se ne riparla l’anno dopo, avendo presente che l’obiettivo vero è la seria A, quella che compete di diritto alla gente blucerchiata. Perché “questa tifoseria non retrocede” è una mussa colossale. I tifosi sono gli unici a retrocedere veramente: chi non lo fa, o – facendolo – se ne sbatte l’anima, sono i presunti protagonisti, quali dirigenti, allenatori, calciatori, per non parlare dei procuratori (possano le cavallette divorarli).
P.S.: ad articolo completato, leggo l’anodino comunicato societario che sostituisce una vera e propria ammissione pubblica di colpe, fatta in piedi davanti alla gente, anche un po’ alla meritata gogna (meritata quanto e più della retrocessione), e potrei proseguire, ma che soprattutto recita, nel finale: “Rialzarsi non sarà facile”. No. State molto, ma molto attenti. Fate in modo, invece, che sia facilissimo. Vi ho fornito qui sopra il ricettario.