Cosa è cambiato nella Sampdoria con l’arrivo di Marco Giampaolo? Cinque-sei considerazioni che arrivano direttamente da Spezia…
Ciak, si gira. Ma non è buona la seconda per Marco Giampaolo, nuovamente seduto – si fa per dire, al Picco era sempre in piedi – sulla panchina che ha rappresentato il momento più brillante della sua carriera.
Difficile fare valutazioni sensate. Troppe le variabili da posare sul tavolo, il giudice – come vogliono le teorie giuridiche americane – può essere influenzato anche dal mal di stomaco.
Proviamo però a leggere qualche traccia di discontinuità rispetto al passato, ponendoci qualche domanda.
Prima questione: si è vista una Sampdoria diversa?
Diciamo di sì per certi aspetti, di no per altri. La squadra ha fatto un notevole possesso palla, e questo è un fatto. La critica generalizzata e – a parer mio – superficiale ha parlato di possesso sterile, cosa in parte vera se si considera il livello di efficacia offensiva ma assai meno se si ragiona sul fatto che con tale possesso (in zone non pericolose) l’unica cosa veramente sterile è stata ogni velleità offensiva aquilotta per circa settanta minuti.
La partita l’ha sempre fatta la squadra blucerchiata, e non può essere derubricato a dettaglio il paragone con il Torino o quello con la gara di andata (pur vinta e con merito, a dispetto di tanti banalizzatori da tastiera).
Altra questione importante: la disposizione tattica è stata efficace?
Non del tutto. Sufficiente in alcune zone del campo (difesa centrale, cerchio di centrocampo), lacunosa in altre (fasce laterali, tre quarti), assolutamente inadeguata in attacco.
Scatta quindi inevitabile la tartassa successiva: la rosa ha elementi adatti agli schemi preferiti di Giampaolo, oppure sarà il tecnico a doversi adattare?
Complessivamente viene da rispondere di no. Manca un trequartista vero (nemmeno Verre lo è, nella sua prima vita doriana Giampaolo lo impiegava – di rado – nei tre di centrocampo), un attaccante che sappia giocare lontano dall’area ma che abbia presenza fisica (Caputo non è quel giocatore, non è nemmeno giusto impallinarlo in continuazione per non saper fare qualcosa che non è il suo mestiere), una mezzala con piedi meno rustici di Thorsby.
No anche alla seconda parte del quesito. Sì è visto a Spezia: 4-3-1-2, niente adattamento al materiale a disposizione.
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Già che ci siamo: i migliori elementi della rosa si sposano con il modulo del tecnico nativo di Bellinzona?
Tasto dolente. Candreva è un esterno da linea di fondo, difficile e controproducente chiedergli di fare altro: si mette un giocatore in un ruolo non suo, e contemporaneamente se ne toglie uno da un ruolo che svolge alla grande.
Senza contare che l’intera catena di destra viene depotenziata. Bereszynski, fin qui tra i più positivi, scende di livello e deve limitarsi al compitino. Si perde dal tappo e dalla spina…
Vale lo stesso discorso per Gabbiadini, che non è un attaccante adatto ai movimenti giampaoliani. Viene però da domandarsi se, con il sinistro che si ritrova, non possa essere utilizzato proficuamente alle spalle di due attaccanti, come trequartista. A Schick, a suo tempo, Giampaolo proponeva questo ruolo.
E persino Thorsby: talvolta litiga con il pallone, ma in un centrocampo a quattro la sua presenza si fa sentire. A tre, chissà.
Dulcis in fundo: giusto cambiare, e farlo in questi giorni?
Prendiamo posizione: sì. D’Aversa è stato anche sfortunato, ma la sua gestione non ha mai del tutto convinto. Faticoso giustificare certi numeri, e se nelle ultime giornate il bollettino medico ha pesantemente inciso sulle scelte e sugli esiti, certe lacune erano ripetutamente apparse anche in periodi antecedenti. L’impressione di uno spogliatoio frastornato e non completamente coinvolto aveva preso piede in sempre maggiori fasce di critica e pubblico.
Giusto farlo con Giampaolo?
Qui invece posizione non ne prendiamo. Limitiamoci a sperare che il Maestro sia davvero tornato a casa e che sappia quello che fa, con il jolly di un mercato ancora aperto e due settimane di lavoro continuativo davanti. Carte da giocarsi bene.
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