L’Italia e il campionato Europeo sono il presente per Roberto Mancini che non dimentica mai di nominare la Sampdoria…
Roberto Mancini è uno di noi. Lo è sempre stato, lo è ancor di più oggi, dopo aver scritto La Bella Stagione. Un libro dedicato allo scudetto della Sampdoria. Un libro che porta la firma anche di Gianluca Vialli.
A SportWeek Roberto ha cercato di non parlare di calcio ma è stata dura non riuscirici. Quando Mancini pensa alla parola felicità il pensiero va sul pallone, su quello che sa fare meglio, anche oggi che è seduto sulla panchina più importante, quella della nostra Italia.
Penso alla fortuna di aver potuto giocare a calcio da piccolo, era il mio sogno. È il lavoro più bello del mondo. E di poter lavorare oggi con i giovani, sempre nel calcio
Se ci è riuscito deve dire grazie ai due suoi genitori. Due persone che Roberto ricorda sempre, non potrebbe essere altrimenti.
Le persone più importante della mia vita sono imiei genitori. Mi hanno insegnato tutto, anche se sono andato via di casa che ero un ragazzino. Mio padre Aldo è un uomo esemplare, a lui devo tutto. Come mia madre, Antonella. Il rispetto per gli altri, l’onestà, la semplicità…
La lezione più importante però l’ha ricevuta fuori dal campo, senza il pallone.
Sono sempre stato molto fortunato, ho avuto la meningite da piccolo e me la ricordo come se fosse ieri, non so per quale motivo. Ero giovanissimo, avevo 10 anni e ricordo tutto di quel giorno. E poi quando ho iniziato a capire qualcosa, mi hanno detto che ero stato molto fortunato. Questa cosa qui me la ricordo benissimo, la ricordo sempre e ci penso sempre. Aver avuto una malattia per cui in quegli anni lì si poteva morire facilmente, è una cosa a cui penso spesso…
La canzone di Roberto Mancini? L’anno che verrà di Lucio Dalla
Italia, Roberto Mancini ha la Sampdoria nel cuore. Ecco perché
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Come ognuno di noi anche Roberto Mancini ha una canzone nella sua vita alla quale è legato particolarmente. La sua è legata al suo primo grande trasferimento, quello al Bologna. Era un ragazzino ed era solo.
Lucio Dalla 1979, L’anno che verrà: quella che faceva “Caro amico ti scrivo così mi distrag- go un po’”. Io avevo lasciato Je- si da poco, che avevo 13 anni e mezzo, quasi 14. Ero andato via da casa e dai miei amici per tra- sferirmi a Bologna, da solo, in una città grande e quella can- zone lì mi faceva compagnia…
L’ultima domanda, quella che abbiamo deciso di riportare da SportWeek è dedicata indirettamente alla Sampdoria, a quel periodo storico che per ogni tifoso blucerchiato resta unico e indimenticabile. Domanda: Chi è il suo amico e cos’è un amico? Risposta sincera:
Gli amici non sono tanti, altrimenti sarebbe troppo semplice. E quei pochi amici che uno ha deve tenerseli stretti. Io ho i miei amici della Sampdoria, che reputo fratelli. E poi ho altri 4/5 amici importanti. Un amico è quello che c’è anche quando non c’è, che non senti per due anni ma sai che è lì e per qualsiasi cosa, in qualsiasi caso lo trovi…