Grazie alla collaborazione stretta con SamPodcast (che potete seguire su Spotify e Spreaker) abbiamo realizzato un’altra intervista esclusiva, ad un altro ex blucerchiato che non parla spesso, ma che quando lo fa, come in questa occasione, è sempre disponibile.
Luca Fusi, classe ’63, ha indossato la maglia più bella del mondo dal 1986 al 1988. Tre Coppe Italia, la prima vinta alla corte del Presidente Paolo Mantovani, due Campionati di serie A, una Super Coppa Italiana, una Mitropa Cup e una Coppa Uefa. Questa è la sua bacheca personale. Un calciatore che ha vinto tanto ma comunque non appariscente, misurato e sorridente. Questo è Luca Fusi. Arrivato in blucerchiato in punta di piedi e partito troppo presto…
Com’ è arrivato alla Sampdoria?
Sono cresciuto nel settore giovanile del Como, nel quale sono entrato a 13 anni. Nella stagione 1981-82 esordii in serie A a fine campionato, in una situazione di classifica ormai compromessa (il Como retrocedette) . Dall’anno dopo però, iniziai a giocare con continuità, giocammo per due anni in serie B e al primo anno in serie A venni opzionato dalla Sampdoria che mi lasciò al Como ancora un anno.
I primi contatti con l’ambiente blucerchiato come furono?
Mi recai a Genova con il mio compagno di squadra del Como Gianfranco Matteoli, ma la Samp volle chiudere subito solo per lui. Per quanto riguarda il sottoscritto invece si trattò appunto di pazientare e di dimostrare anche l’anno successivo di poter meritare una squadra importante come la Sampdoria.
Dal lago, si trasferisce al mare. Come è stato il primo approccio con la città?
Fu la mia prima esperienza lontano da casa, non riuscivo ad immaginare come potesse essere Genova, c’erano comunque dei timori, ma dopo poco mi ambientai e fu davvero un’esperienza memorabile.
Lei arrivò alla Sampdoria in piena rivoluzione, con l’arrivo di Boskov. Che rapporto aveva con lui e che ricordo ha?
Con me arrivò mister Vujadin e inizialmente ci fu qualche problema per la lingua, soprattutto su quali fossero i concetti che voleva trasmettere a noi giocatori. Però era davvero una persona che ti conquistava subito per il suo modo di fare. Vivevo nella sua stessa palazzina, quindi ebbi modo di conoscerlo anche fuori dall’ambito lavorativo. Una persona squisita che ho continuato a scoprire nel tempo anche dopo l’esperienza in blucerchiato. Ricordo un uomo, una persona con una famiglia stupenda. Grandi valori, che sapeva trasmettere in campo, ma soprattutto fuori dal campo, capace di gestire un gruppo e di trascinarlo a raggiungere grandissimi risultati…
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E poi Paolo Mantovani…
Un Presidente grandissimo che aveva creato un ambiente unico e guidava un gruppo compatto, come mai ne incontrai, perlomeno sulla mia strada. Fu un papà per tanti giocatori di quel periodo, lo dicono in tanti e io sono d’accordo, anche se sono stato solo due stagioni…
Come andò il primo anno alla Samp?
Fu un inizio abbastanza complicato, poi la squadra trovò i giusti meccanismi, iniziammo a comprendere quali potevano essere i dettami dell’allenatore e da lì riuscimmo a concludere in ottimo modo il campionato, fino ad arrivare allo spareggio con il Milan per la Uefa, dove però perdemmo senza riuscire a qualificarci
L’anno dopo invece il primo trionfo. Come visse quella stagione?
Iniziammo meglio ancora, la soddisfazione della Coppa Italia poi fu grandissima, per me la prima vittoria. Anche in campionato facemmo davvero bene. Ho giocato in una squadra stupenda con ragazzi fantastici, un gruppo di veri amici che ha saputo raggiungere con la Sampdoria tante vittorie importanti
In quel biennio a Genova arrivò anche la chiamata della Nazionale.
Ai tempi pensai che fosse uno scherzo di Vialli e Mancini (ride, ndr)… Inizialmente me lo dissero loro telefonicamente. Ci credetti però soltanto quando arrivò il telegramma ufficiale a Genova. Fu una soddisfazione incredibile e devo ringraziare quella squadra stupenda che mi diede la possibilità di mettermi in mostra
Poi partecipò ai Campionati Europei dell’88 e poco dopo salutò la Samdporia. Come è andata?
Fu una soddisfazione immensa, andai pero’ agli Europei senza sapere se l’anno dopo sarei tornato a Genova. A metà ritiro però mi comunicarono dell’incontro tra Sampdoria e Napoli. Quell’anno al Napoli c’era Ottavio Bianchi che fu mio allenatore già al Como. Mi ero trovato benissimo a Genova quindi fu difficilissimo lasciare la Sampdoria. Era un gruppo di amici e professionalmente il mix tra campioni, ottimi giocatori e buoni giocatori funzionava benissimo. Se non fossi andato via avrei vinto lo Scudetto con loro e non con il Napoli…
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