I risultati della Sampdoria non arrivano e anche tra gli estimatori di Giampaolo nascono dubbi. Ma ora è il momento di restare uniti…
Con il nostro direttore si sta instaurando una dialettica intelligente e sensata. Siamo di frequente in disaccordo su argomenti non secondari, eppure – da persone civili – troviamo sempre il modo di capirci.
Abbiamo valutato diversamente sia episodi, sia partite nel loro complesso, sia prestazioni dei singoli. Ma sempre partendo dal comune punto di vista di essere schierati dalla stessa parte e di cercare di esprimere liberamente punti di vista che spesso non coincidono (e a qualcuno sembra che questa libertà piaccia poco).
Una cosa che sembra dividerci, ad esempio, è la valutazione su Marco Giampaolo. E probabilmente, anche qui, ci divide meno di quanto possa apparire.
Dopo il secondo esordio blucerchiato del mister di Bellinzona avevo espresso in questi spazi l’apprezzamento per il suo ritorno, ma anche le perplessità per una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato.
Oggi, immutata la stima nella persona e nel tecnico, torno a chiedermi se sia stata la scelta giusta.
I dubbi su Marco Giampaolo
Credo che al mondo il dubbio sia l’unica certezza. E qualche dubbio inizia a venirmi.
In concreto. Il gioco di Giampaolo prevede una squadra corta ma soprattutto stretta, e che mantiene con costanza il possesso del pallone.
Tutto questo riesce se il pressing sugli avversari è forte e soprattutto alto, cosa che permette il pronto recupero della palla e, nelle intenzioni, un rapido ribaltamento del fronte.
Tante seconde palle, quindi, e opportunità offensive che nascono dall’applicazione, dal chiudere le linee di passaggio fin dalla tre quarti offensiva, in modo che la costruzione avversaria possa nascere solo da posizione defilata e scomoda.
Niente di tutto questo. Per lo meno, non nelle ultime tre partite, nelle prime quattro – ora meglio, ora peggio – qualcosa si era visto. Perché? Non è facile da spiegare, perché non c’è un motivo solo.
Anzitutto, gli interpreti. I difensori hanno limiti non solo e non tanto di concentrazione (come qualcuno un po’ superficialmente sostiene), quanto di interpretazione. Devo accorciare? Devo accompagnare o fare la diagonale? Guardare il pallone o marcare l’uomo? Sta di fatto che, spesso, iniziano una cosa e proseguono con l’altra, con gli esiti ben visibili. Timidezza difensiva non è soltanto andarci molli, ma anche e soprattutto andarci indecisi. Non salvo nessuno, nemmeno Bereszynski, che è il mio preferito e che se non altro ci prova.
A centrocampo il centrale si abbassa spesso sulla linea dei difensori e chiama la palla. Idea interessante ma molto leggibile. Gli attaccanti avversari ringraziano per la facile copertura concessa. Se Rincon, come sabato, va dietro a fare il giro palla, servirebbe un altro play venti metri più avanti e due piedi decenti ai lati. Thorsby, che apprezzo enormemente, in questo è pernicioso e Candreva avrebbe bisogno di essere lanciato e lasciato libero.
E poi ci sono i dubbi sull’attacco di Giampaolo
Sampdoria, tra i dubbi stringiamoci a coorte con Giampaolo…
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Altra questione importante. La Sampdoria attuale è una squadra assolutamente dissimmetrica, e si è visto distintamente contro la Juventus. La catena di destra Bereszynski/Candreva funziona decorosamente in difesa e bene in attacco. Da quel lato la Juve attaccava poco e difendeva con difficoltà, e se solo ci fosse stata più precisione nei cross le occasioni sarebbero state di più, al netto della presenza di un fromboliere d’area, che in rosa non c’è. Di là, la qualità è molto inferiore, sempre. Dal fianco sinistro blucerchiato sono arrivati i pericoli bianconeri, come in precedenza a Bergamo e Udine.
Andiamo avanti. Sensi trequartista vero non è. Peccato, perché i piedi li ha e il movimento anche. Ma tende più a legare la manovra che a cercare linee di passaggio visionarie. Quagliarella e Caputo: assortiti talmente male che giocano meglio quando sono soli o con altro abbinamento. Non mi dilungo, lo vediamo tutti.
Infine, gli avversari. Il centrocampista centrale scherma il trequartista, dando quindi sempre un uomo in più alla propria difesa. Le punte avversarie inibiscono il gioco dal basso, impedendo quelle accelerazioni improvvise tipiche del gioco del primo Giampaolo blucerchiato. Il giro palla diventa fatalmente lento, prevedibile, senza spazi né verticalizzazioni e orchestrato dai difensori, che non hanno propriamente i piedi e le intuizioni di Iniesta.
Infine la “strettezza” dello schieramento doriano fa sì che chi ti cambia costantemente il fronte da una fascia all’altra ti colga sempre in affanno, in rincorsa. E per una squadra che tiene palla dietro (cioè con sette/otto effettivi sempre davanti alla linea del pallone), farsi cogliere d’infilata è un attimo.
Soluzioni? Non ne ho. Forse passare ad una specie di 4-3-3 con Candreva da una parte e Sabiri – che non deve più rimanere fuori – dall’altra, a ripiegare sugli esterni per rioccupare in larghezza il campo ma lasciati liberi di creare quando attaccano, e Sensi tra due che abbinino il muscolo al piede (diciamo Rincon e Ekdal) a centrocampo potrebbe essere una soluzione. Thorsby in questo modulo è utile solo per generosità e colpo di testa. Un po’ pochino.
In difesa, forse Ferrari si fa preferire nell’accostamento con Colley, che rimane forte anche se sta attraversando un periodo un po’ così, come Yoshida. E tra Murru e Augello sceglierei… Conti.
Ma torniamo al punto: il dubbio è l’unica certezza. E oggi ne ho tanti, troppi.



