Sampdoria, ti ricordi di…Carlos Carbonero: una freccia colombiana che, per la velocità con cui la sua carriera è tramontata, è sembrata più una meteora
Coi “se” e coi “ma” non si fa nulla. Non si cambiano le cose, non si torna indietro. “Ma se” Carlos Carbonero potesse…dovrebbe chiedere alla sua avventura nel mondo del calcio tutto il credito che ha accumulato. Un giocatore veloce, agile, ma anche potente, uno di quei gioielli rimasti sempre nella teca, che magari non è un diamante ma potrebbe luccicare lo stesso. Che però non sono mai riusciti a rivelarsi al grande pubblico per tutta una serie di infortuni e circostanze sfortunate. Alla Sampdoria, pur avendo cominciato molto bene, ha vissuto l’inizio del declino di una carriera che gli e ci avrebbe potuto dare molto di più.
Classe 1990, nativo di Bogotà, la capitale della Colombia, Carbonero ha cominciato la sua carriera proprio in un club della periferia della sua città, il CD Academia, che oggi purtroppo non esiste più. I suoi primi passi nel mondo professionistico purtroppo sono premonitori di ciò che lo affliggerà continuamente per tutto il resto del suo viaggio calcistico. A 19 anni, nel 2009, si infortuna pesantemente al menisco laterale del ginocchio destro, costringendolo al primo lungo periodo di stop. Ne arriveranno altri, sempre seri e duraturi, che ne condizioneranno tantissimo la carriera.
Il 1 gennaio 2010 però si trasferisce in un altro club della sua nazione, l’Atletico Huila, curiosamente fondato nello stesso anno in cui è nato Carbonero, e che l’anno precedente aveva conquistato un secondo posto nel Campionato colombiano. Con i gialloverdi gioca circa un anno, fino al gennaio 2011, in cui totalizza 45 presenze, 10 goal e 10 assist.
Passa dunque all’Once Caldas, altra squadra colombiana ma nel cui stemma campeggia il tricolore italiano, quasi un segno di dove sarebbe proseguita, da lì a qualche anno, la sua carriera. Con El Club Blanco (i colori sociali sono bianco e blu. Unito al tricolore vi ricorda qualcosa?), reduce dal titolo vinto l’anno precedente, gioca appena 6 mesi, riuscendo a totalizzare comunque 27 presenze e 4 reti. Da lì però decollerà per la sua prima chiamata all’estero, diretto in Argentina.
I successi in Argentina, la consacrazione al River Plate e il Mondiale: la strada di Carbonero fino all’Italia
Sampdoria, ti ricordi di…Carlos Carbonero
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In Argentina probabilmente Carbonero vive i migliori 3 anni della carriera. E’ in una fase in crescendo, sta bene e si è fatto notare in alcuni dei più importanti club colombiani. Nel marzo 2011 ha anche esordito in Nazionale, ma il meglio per lui sta per arrivare. Lo accoglie l’Estudiantes, per un anno solo, una delle squadre più vincenti della storia del calcio argentino. Totalizza solamente 10 presenze, ma abbastanza per farsi notare da un altra squadra albiceleste, l’Arsenal de Sarandì.
Con El Viaducto gioca per un anno e mezzo, conquistando i primi successi anche in ambito di trofei. E soprattutto dimostrando tutte quelle qualità che ci si aspettavano da lui. Anche giocate sue personali, inedite, mai viste. Tanto da diventare “Come Che Guevara” per il suo allenatore dell’Arsenal de Sarandì, Gustavo Alfaro. Carbonero infatti “Ha rivoluzionato la storia del club“. Perché in 65 presenze, 7 goal e 6 assist tra il gennaio 2012 e il luglio 2013 ha vinto una Clausura e una Supercoppa Argentina, portando nella bacheca del club i primi due trofei della sua storia. Fatto che poi lo condurrà direttamente al River Plate.
Con i Milionarios totalizza 36 presenze e 8 goal nel giro di un anno, vincendo il Torneo Final e la finalissima con il San Lorenzo, che aveva vinto il Torneo Inicial. Inserito in una squadra di grandi talenti, continua il suo percorso di crescita fatto di buone prestazioni e, da qualche stagione, di vittorie nelle competizioni. Nel 2014, al termine della sua avventura al River Plate (era in prestito dall’Estudiantes), si tengono i Mondiali in Brasile, ai quali la Colombia partecipa. Il ct José Pekerman lo chiama a far parte del gruppo che si fermerà ai quarti di finale, contro la padrona di casa verdeoro, e che contava su un James Rodriguez stellare per il quale il Real Madrid avrebbe fatto follie subito dopo la manifestazione.
Carbonero gioca decisamente meno, appena 45 minuti nel 4-1 inflitto al Giappone, avversaria nel girone C. Ma anche lui, come il più blasonato James Rodriguez, dopo quel mondiale deve preparare le valigie per un viaggio intercontinentale. Ad attenderlo non la Madrid dei Galacticos, ma un’altra capitale europea: Roma.
Carbonero alla Roma…anzi no: il primo anno (buono) a Cesena
O meglio, avrebbe dovuto essere Roma. Nel 2014 il ds giallorosso era Walter Sabatini, espertissimo del calcio sudamericano e dal fiuto straordinario per i giocatori di talento. Una mezzala così, impiegabile anche come esterno, è l’ideale per la sua squadra. Così bussa alla porta dell’Estudiantes, lo preleva immediatamente in prestito con diritto di riscatto a 600mila euro da esercitare nel 2016. Ma c’è un ostacolo. La squadra della capitale non può tesserare altri extracomunitari per quell’annata, per cui appena arrivato in Italia Carbonero viene girato in prestito al Cesena, con la promessa poi di venire accolto in un futuro prossimo nella squadra di Rudi Garcia. Non accadrà mai.
In Romagna, comunque, vive un’altra stagione sulla scia di quelle precedenti. Certo, deve ambientarsi in Serie A, e non è più in una delle big sudamericane di cui ha vestito le maglie. A Cesena bisogna sporcarsi le mani, fare di tutto per non retrocedere. Cosa che poi a fine stagione accadrà, perché i bianconeri termineranno il campionato al 19mo posto. Ma nella squadra di Pierpaolo Bisoli prima e di Domenico Di Carlo poi, Carbonero totalizza 22 presenze, 3 reti e un assist, diventando uno dei più presenti e mettendosi in mostra ancora una volta. In quella squadra, poi, giocano 3 ex Sampdoria come Guido Marilungo, Massimo Volta e Stefano Lucchini, e c’è anche un futuro giocatore blucerchiato: Gregoire Defrel. Lì, forse, ha posto le basi per il suo passaggio a Genova.
Sampdoria, l’inizio della fine per Carbonero
La sessione trasferimenti del 2015 per Carbonero è surreale. A Cesena non può più stare, alla Roma nemmeno. Promessa non mantenuta, e il colombiano ritorna in Sudamerica dopo un anno solo. L’Estudiantes riesce a girarlo in prestito al Fenix, squadra uruguaiana, dove però resta poco più di un mese. Perché l’Italia fa capolino di nuovo nel suo destino, non è ancora finita la storia che l’ex River Plate deve scrivere nel nostro paese. Stavolta è la Sampdoria ad interessarsi, riuscendo a prelevarlo in prestito con diritto di riscatto. A Cesena aveva il numero 7, che però in blucerchiato appartiene a Fernando, per cui decide di raddoppiare: Carbonero sceglie il 77.
Così il centrocampista torna in Serie A dopo qualche mese e comincia a giocare esattamente da dove aveva smesso. Corsa, intensità, agilità, scatti in profondità e soprattutto assist. Alla Sampdoria, come solo all’Estudiantes prima, non ha mai segnato una rete, però ha fornito tante assistenze ai compagni. C’è anche molta intesa in squadra, perché ritrova un connazionale come Luis Muriel, balla il tango con tanti argentini come Ricky Alvarez, Joaquin Correa e Matias Silvestre. Si trova bene anche con Eder, che diventa poi capocannoniere blucerchiato di quella stagione.
Ma la sfortuna sembra avere delle vittime predilette. E Carbonero è una di queste. A Genova ha trovato finalmente continuità, gioca quasi sempre titolare e viene impiegato in vari ruoli. Ma a gennaio 2016 il ginocchio fa di nuovo crack. Ancora una volta il menisco, ancora una volta la maledizione più grande. Lo stop è lunghissimo, la stagione finita. E pure quella dopo è decisamente compromessa. La Sampdoria aveva creduto molto in lui, ma deve pur sempre badare ai suoi interessi, ad avere una rosa il più completa possibile. Così nel febbraio 2017 decide di interrompere il prestito e mandare il colombiano di nuovo al Fenix.
Finisce così la sua avventura alla Sampdoria, con 15 presenze tra campionato e Coppa Italia. Il suo periodo italiano è stato un lasso di tempo con alcuni alti e una fine davvero bassa, per non dire tragica per il modo in cui ha influito sulla sua carriera successiva. Per Carbonero gli anni trascorsi in Serie A sono il più grande rimpianto della vita. Non per quello che ha fatto, ma per quello che avrebbe potuto e voluto fare. In un’intervista del 2020, il colombiano ha detto:
Avrei voluto giocare di più in Italia, per poter dimostrare lo stesso livello avuto al River Plate o all’Arsenal de Sarandì. Quell’infortunio ha cambiato tutto. Non sono riuscito a dimostrare chi è il vero Carlos Carbonero
Ma non ha potuto farlo. Perché coi “se” e coi “ma” non si fa la storia, figuriamoci il calcio. La carriera di Carbonero, da allora, è pressoché finita.
Dal Cortuluà all’anno e mezzo senza contratto: l’ultima parte della parabola di Carbonero dopo la Sampdoria
Dopo un mese dal suo rientro al Fenix, gli uruguaiani lo cedono al Cortuluà, permettendogli così di ritornare a giocare in Colombia dopo 6 anni. In un anno e mezzo, però, racimola appena 5 presenze, senza alcun goal o assist. Nel gennaio 2018, Carbonero si ritrova per la prima volta svincolato. Da qui in avanti accadrà più volte. Nel settembre dello stesso anno lo contatta il Deportivo Cali, una delle squadre colombiane più vincenti, e lo ingaggia credendo ancora in quel giocatore che si era visto fino all’avventura alla Sampdoria.
A Cali ritrova un po’ di spazio, alternando partite giocate ad altre in cui non è nemmeno convocato. Ciò che viene pian piano a mancare a Carbonero è la continuità. Troppo fragile ormai, oltretutto dopo 6 mesi in cui è rimasto inattivo, allenandosi da solo. Con Los Verdiblancos gioca in totale 16 partite, prima di essere girato in prestito agli argentini del Ferro Carril Oeste, club storico degli anni Ottanta ma ormai spesso stabile nella seconda divisione argentina.
L’ex Sampdoria, però, ha raccontato che ci sono stati problemi amministrativi con questo club, il che lo ha portato a rescindere. Per cui ha concluso la sua avventura argentina senza mai giocare e si è trovato di nuovo svincolato. Per un po’ ha continuato ad allenarsi in una struttura di Cali, insieme ad altri ex giocatori del Deportivo. Fino alla chiamata prima del Laneros (sempre in Colombia) e poi addirittura del Delfines, in Repubblica Domenicana. Poi, nel luglio 2021, di nuovo svincolato. E lo è tutt’ora.
Da ormai un anno e mezzo Carbonero è senza squadra. A 32 anni la sua carriera è davvero precipitata vicino a quello che sembra il baratro del ritiro. Una carriera che ha ingannato tutti, soprattutto lui, beffarda per come le premesse molto buone si sono convertite in amare avventure risicate, temporanee, con pochissime presenze e lunghi periodi senza contratto. Un talento rovinato dagli infortuni, da quella variabile che non si può prevedere e controllare nel calcio, da quella componente di irreale, della possibilità, che proiettata nel futuro sa di incubo. Ma proiettata nel passato sa di rimpianto. Coi “se” e coi “ma” Carbonero avrebbe potuto fare grandi cose. Ma…