La Sampdoria? Si può fischiare la squadra a fine gara ed essere lo stesso un buon tifoso sampdoriano. Un tifoso deluso…
Partiamo dal concetto della spigolosa diatriba della settimana senza girarci troppo intorno. “Contestare o “non contestare”? Il concetto è sbagliato in partenza perché in questo caso credo che nessun tifoso della Sampdoria abbia voglia e necessità di contestare la nuova proprietà.
Non sta nel Dna dei tifosi blucerchiati farlo e lo abbiamo potuto constatare anche nell’era Ferrero, presidente mai preso troppo di mira prima del grande sfacelo, quando sarebbe stato impossibile per chiunque non farlo.
Figuriamoci se può esistere un solo sampdoriano che non provi, giustamente aggiungo, riconoscenza per gli unici che hanno fatto qualcosa di davvero concreto per salvare la società.
Diamo a loro il merito, tra l’altro, di averlo fatto senza tanti proclami, nel silenzio assoluto, lavorando in modo lodevole e, soprattutto, con grande intelligenza. Non era facile e scontato attuare il loro piano nella partita a scacchi contro il “giocatore folle” che tutti conosciamo.
L’infinita gratitudine dovuta a Radrizzani e Manfredi però non deve limitare la libertà di opinione e di critica (costruttiva e in buona fede) di tifosi e addetti ai lavori.
Ho sempre pensato, fin dai primi anni di stadio, e purtroppo per me non sono neanche così pochi, che in ogni frangente e situazione, per quanto difficile potesse essere, la squadra, durante i 90 minuti di gioco andasse sostenuta senza se e senza ma… ma, con altrettanta convinzione, ho sempre rispettato e, talvolta anche appoggiato, chi a fine gara si è concesso di esprimere un sonoro dissenso. “Chi fischia la Sampdoria non è un buon sampdoriano” è uno slogan che non ho mai compreso appieno…
Sampdoria, si canta per la squadra ma qualche fischio se non vinci…
Sampdoria, si può fischiare ed essere lo stesso un tifoso sampdoriano…
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Per me fischiare una prova indecorosa di chi indossa la maglia della mia squadra non significa fischiare la Sampdoria ma chi, in quel momento, la indossa in un modo che non ritengo degno.
La Sampdoria non è un portiere, non è un attaccante, non è un nome sulla maglia. La Sampdoria non è neppure un presidente o un allenatore. Io, nel mio modo magari errato di pensare, ho sempre creduto fermamente che la Sampdoria sia esclusivamente una bandiera, quattro colori e tutti i sampdoriani.
Nessuno escluso. Nessuno più o meno di un altro. Chi nasce con questi colori nel cuore, a chi scorre il sangue blucerchiato nelle vene, a chi soffre per questa maglia, va tutta la mia “amicizia” e il mio “affetto”.
Indistintamente, indipendentemente dal suo pensiero vicino o lontano dal mio. É capitato anche alla sottoscritta di faticare ad accettare pareri contrari ai miei ed ho sbagliato. Oggi, a maggior ragione, credo che rimanere tutti uniti, dopo quello che abbiamo passato negli ultimi anni, debba essere una priorità assoluta.
Capire chi pazienta anche dopo questo inizio di campionato nella speranza che tutto si sistemi, ma, nella stessa maniera, farlo con chi si concede la libertà di notare e discutere di errori evidenti commessi nella costruzione di questa squadra.
Non esiste e non deve esistere un tifoso migliore di un altro, perché quando le cose vanno bene tutti siamo felici e, allo stesso modo, tutti soffriamo quando, al contrario, vanno male. Partire dalla nostra unità non può essere che l’unico passo per lasciarci i brutti momenti alle spalle.