Cesare Prandelli, intervenuto al Festival dello Sport di Trento, ha raccontato di come ha vissuto il goal di Quagliarella in Sampdoria-Fiorentina del 2021
Nel corso del Festival dello Sport a Trento è intervenuto, intervistato da Walter Veltroni, Cesare Prandelli, che ha vissuto l’ultima avventura in panchina nella stagione 2020/21 quando era tornato per cercare di salvare la Fiorentina. Finendo, però, per dimettersi il 23 marzo 2021 dopo la sconfitta casalinga per 3-2 contro il Milan.
Nella decisione di dire addio alla Fiorentina e a ritirarsi dal suo ruolo da allenatore c’entra anche la Sampdoria e, in particolare, un goal di Fabio Quagliarella. Come raccontato a Trento, Prandelli ha sentito una sensazione di ansia quando Fabio, il 14 febbraio 2021, segnò il goal del 2-1 al Ferraris dopo le reti iniziali di Keita Balde e Dusan Vlahovic:
E c’è stato anche un episodio, in Sampdoria-Fiorentina. Ho sentito una sensazione che non avevo mai sentito prima dopo il gol di Quagliarella. Ho parlato con un psicologo che mi ha detto che avevo solo voglia di risolvere tutto e subito e che avrei dovuto prendere 15-20 giorno di pausa. Ma tu nel calcio non puoi prenderti una pausa. Sono tornato al centro sportivo e ho sentito questo disagio e quindi ho deciso di smettere.
Sampdoria, Prandelli: a Firenze stavo sulle palle a tutti
Sampdoria, Prandelli: il goal di Quagliarella mi ha fatto smettere. Il racconto
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Prandelli ha anche raccontato di come ha vissuto, in generale, la seconda avventura a Firenze dopo la prima, molto fruttuosa, tra il 2005 e il 2010. In quel quinquennio la Fiorentina centrò per ben due volte la qualificazione in Champions League e nella stagione 2009/10 anche la qualificazione agli ottavi di finale.
Nella stagione 2020/21, dopo oltre dieci anni, però, molte cose erano cambiate:
Stavo sulle palle a tutti perché probabilmente il mio modo di essere era quello di coinvolgere tutti, capivo invece che c’era molta individualità non solo a livello di giocatori, ma anche dirigenziale. Mi sono sentito di dover smettere, perché ho lavorato sempre in un certo modo, confrontandomi, dando grandi responsabilità ai giocatori. E capivo che ero sotto pressione, perché ero a Firenze. Ho pensato molte volte se accettare o meno l’incarico, perché mi sento tifoso della Fiorentina, vivo lì, so cosa vuol dire allenare questa squadra.