Marco Lanna, alla mostra per Luca Vialli, ha raccontato com’è stato averlo come compagno alla Sampdoria: Luca era un vero e proprio leader
Il 5 gennaio sarà per sempre il giorno del ricordo di Luca Vialli, scomparso proprio il 5 gennaio del 2023. Un anno dopo ecco l’inaugurazione della mostra di due giorni che si terrà al Museo Samp Doria del Luigi Ferraris e a cui ha partecipato il presidente della Sampdoria Marco Lanna.
Compagno di squadra di Vialli, Lanna, al Secolo XIX, ha raccontato come ha vissuto quest’anno senza Luca e come avrebbe vissuto Luca tutte queste celebrazioni. A cui seguiranno le passeggiate al Molo di Quinto e la serata al Carlo Felice dell’8 gennaio:
Per noi il 5 gennaio è e sarà solamente una ricorrenza. Magari rappresenta una data più significativa per i tifosi. Io Gianluca ce l’ho sempre in ufficio con me, ogni giorno. E tra di noi ne parliamo ogni giorno, o quasi. È giusto che sia ricordato con iniziative che sarebbero piaciute anche a lui. Queste iniziative? Penso che da un certo punto di vista gli sarebbe piaciuto essere ricordato così, con queste iniziative. E credo anche che se lo sia immaginato quando era ancora in vita che si sarebbe attivato questo movimento. Dal cielo se la godrà… facendosi magari due risate, anche nel sentire tutti gli aneddoti che ogni volta tiriamo fuori.
Sampdoria, Marco Lanna: quando parlava Vialli…
Sampdoria, Marco Lanna: Luca Vialli era un leader. Sarà sempre con me
LEGGI ANCHE Sampdoria, Luca Vialli: i goal sbagliati li porti dietro sempre…
Ma Vialli si è mai arrabbiato? Sì e lo racconta Lanna. Voleva sempre il pallone, ma non erano ammessi errori tecnici. Po, però, gli passava. A differenza di Roberto Mancini:
Voleva sempre ricevere il pallone da noi rasoterra e sul piede più distante dall’avversario. Se sbagliavi, anche senza farlo apposta, si trasformava in un puma. Su questo era assolutamente democratico, potevi essere un campione o uno scarpone, ma se sbagliavi eri finito. Un perfezionista. Su certi aspetti tecnici faceva fatica a transigere. Poi gli passava, ma dopo un po’. Non era come il Mancio che magari si risparmiava un bel po’ di corse in partita, ma se sbagliavi un appoggio faceva volentieri un allungo dall’attacco alla difesa per venirtelo a contestare in faccia. Luca ti gelava con lo sguardo. Difficilmente alzava la voce, soprattutto con qualcuno di noi.
Vialli non alzava la voce, ma era sempre pronto a difendere i compagni. Mancini protestava e si faceva espellere, Luca sapeva come usare le parole giuste senza mai indispettire gli arbitri. Sapeva dove spingersi, come racconta Marco Lanna. E sapeva parlare anche con i compagni, di cui era il leader diplomatico, come dopo la sconfitta con il Torino del 6 gennaio 1991:
Luca era il diplomatico del gruppo. Altri non lo erano per niente. Due nomi a caso… Mancio e Pietro. Dopo quella sconfitta diventammo improvvisamente “immaturi”, quelli “bravi ma che non vinceranno mai niente”. Ci eravamo detti, fermiamoci, parliamoci, mandiamoci anche aff… Arrivammo alla cena della Beccaccia, che funzionò. Luca sapeva parlare, sapeva dire bene cose pesanti. Era un leader e un trascinatore. Quando parlava lui, stavi zitto ad ascoltare.