A San Siro la Sampdoria si gioca la salvezza, Marco Giampaolo la faccia contro un stadio che lo fischierà e non per timore…
Il suo nome? Verrà fischiato. Da tutti quelli che avranno la sciarpa rossonera indosso. Tutti nessuno escluso. E non per paura. Quella no. Il Milan non ha paura di nessuno. Non può averla perché dopo di lui è arrivato Stefano Pioli, un’altra vita. Un allenatore che poteva passare prima da Genova, poi un giorno da Milano. Ma non piaceva a Massimo Ferrero. Ecco il risultato. Il tema però è un altro.
Nella Milano rossonera quando si parla di Marco Giampaolo vengono i brividi. Il tifoso comincia a mettersi le mani nei capelli. A scuotere la testa, a prendersela con lui, e con chi ha avuto il coraggio di portarlo a Milanello. Quell’estate trascorsa con lui, quelle sette partite vissute con sofferenza anche da lui hanno lasciato il segno.
Ma noi conosciamo un altro Giampaolo. Un allenatore talebano certo, con le sue idee di calcio incise nella testa dei suoi calciatori certamente, ma che a Genova ha fatto bene. Poteva fare meglio? Questo è un altro discorso che non è il caso di affrontare oggi. Perché oggi a San Siro il MIlan si gioca lo scudetto. E pensa che bello se a rallentare questa corsa fosse lui, il Maestro. Quello a cui hanno tolto la cattedra e poi la lavagna. È rimasto con il gesso in mano.
Con quel gesso ha provato poi a continuare il suo calcio a Torino. Ma anche lì è andata male. Altra storia.
Ma quel gesso rosso per scrivere su una lavagna nera gli è rimasto in tasca. Non l’ha mai buttato. Ora è arrivato il momento di tirarlo fuori e disegnare un’altra bella partita, una di quelle che potrebbero segnare il campionato. Ci siamo riusciti già altre volte. Contro Ranieri per esempio. Magari ci riusciremo anche con Pioli. E poi magari, un giorno lui verrà a sedersi sulla nostra panchina proprio come a fatto a distanza di anni Sir Claudio.
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Ma quello che conta è il presente. Marco Giampaolo è tornato non per salvare solo la Sampdoria. Per salvare il suo calcio. Ultima grande possibilità dopo due fallimenti consecutivi. A Milano c’è la convinzione di aver tenuto in città per qualche mese un maniaco, un matto, uno che con il grande calcio non può convivere.
Ci sono aneddoti, racconti che oggi si possono raccontare, prima no. Prima faceva parte del Diavolo. Oggi Marco è tornato, forse più pronto di prima. Le sudate alla vigilia di ogni partita, durante le conferenze stampa a MIlanello (lì sono aperte a tutti i giornalisti non solo per pochi, selezionati e buoni…) sono solo un brutto ricordo.
Giampaolo si sentiva al posto giusto. E a pranzo, sul prato di San Siro, dovrà dimostrarlo ancora. Inutile girarci intorno: vincere per lui sarebbe una rivincita. Una vendetta perfetta. La prima, non l’ultima. Perché poi c’è da portare avanti un progetto che la Genova blucerchiata ama, apprezza e condivide. Da noi il clima per lui è decisamente diverso. E questo affetto lo fa stare tranquillo…