La storia di Toninho Cerezo in blucerchiato è ben nota. Sei stagioni all’ insegna della classe e della simpatia che contraddistinguono la sua terra. Quella desinenza brasiliana che spesso si faceva sentire quando provava a parlare in italiano. Ciò che affascinava di quel giocatore però erano i suoi movimenti snodati, di una persona cascante come se avesse le articolazioni sciolte. A quell’ andatura dinoccolata lui aggiungeva però una tecnica pazzesca, e un’intelligenza calcistica fuori dal normale.
Cerezo nasce a Belo Horizonte il 21 aprile del 1955, almeno per quanto risulta all’anagrafe. La leggenda narra infatti che la data di nascita dichiarata possa non corrispondere al vero, e che al momento della registrazione egli avesse già qualche anno di vita. Figlio di circensi, passava le proprie giornate a correre dietro a un pallone artigianale, fatto di giornali cuciti dentro ad un calzino. In un campo costruito tagliando la vegetazione dalla giungla, giocava partite con altri ragazzi brasiliani, e proprio durante una di queste venne notato da un osservatore dell’ Atletico Mineiro
Debutterà col Galo nel 1972, dove resterà fino al 1983, vincendo ben sette campionati, e venendo premiato due volte come miglior giocatore brasiliano. Toninho si rivelò fin da subito un centrocampista duttile, abile sia come regista che come interditore capace di inserirsi in zona gol. Era dotato di una tecnica sopraffina, sapeva confezionare passaggi illuminanti, colpendo indifferentemente sia di destro che di sinistro. Era un giocatore che ragionava molto, sapeva dove mettere la palla e dove andare per riceverla.
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Nell’estate del 1983 viene ceduto alla Roma, su segnalazione di Falcao. Con i giallorossi disputerà tre stagioni vincendo 2 Coppe Italia, sfiorando addirittura uno scudetto perso all’ ultima giornata, ed una Coppa dei Campioni persa ai rigori contro il Liverpool. Il contraccolpo psicologico nella capitale fu terribile e lo stesso Toninho da sempre calmo, manifestò sentimenti contrastanti. Si parlò addirittura di una violenta lite col Presidente Viola, e il divorzio a quel punto divenne inevitabile.
Paolo Mantovani pensò che Cerezo avesse ancora molto da dare al calcio, e fu così che Toninho passò alla Sampdoria nell’ estate del 1986. In blucerchiato passerà il migliore periodo della sua carriera, nonostante lo scetticismo iniziale dell’ ambiente, visti i suoi 31 anni compiuti.
Di aneddoti di Toninho alla Sampdoria ce ne sono fin troppi. Dal suo rinnovo contrattuale firmato col Presidente sul tovagliolo del ristorante, alla chioma biondo platino sfoggiata nella festa Scudetto. A detta di tutti Cerezo è sempre stato il campione dalla risata contagiosa, che celava sotto i suoi folti baffi neri. Spesso si presentava alle interviste accompagnato da Vialli e da Mancini, i quali gli chiedevano come mai fosse così lento. “Sono lento perché voglio andare lento, sono uno tutto cervello. Non sono mica uno che corre sempre come voi” rispondeva sempre lui.
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Cerezo inoltre era solito portare i suoi due cani agli allenamenti a Bogliasco, i quali facevano sempre i loro bisogni sul campo di gioco. Tutti si lamentavano di questo fatto e il direttore sportivo di allora, Paolo Borea lo richiamò dicendogli di non portare i suoi cani all’allenamento. Toninho gli rispose semplicemente: “E’ necessario che io li porti perché loro due portano via il malocchio e la sfortuna della squadra”.
Cerezo aveva un grandissimo affiatamento con i compagni. Era un leader dentro e fuori dal campo. Era il direttore d’orchestra, in grado di dettare i tempi di una squadra costruita anno dopo anno per centrare una vittoria indimenticabile.
La sua avventura in blucerchiato conterà 166 presenze con 16 reti segnate. Tra le più belle ricordiamo soprattutto la splendida rete segnata a San Siro nella 7 giornata della stagione 90/91. Una perfetta finalizzazione al volo frutto di uno scambio in velocità con Katanec e Lombardo e che valse ai blucerchiati il primato solitario in classifica. In Coppa Italia sarà memorabile il gol del provvisorio 2-0 nella finale giocata a Cremona contro il Napoli, mentre nel cuore dei tifosi sampdoriani rimarrà per sempre la rete dell’ 1-0 nella storia partita casalinga dello scudetto contro il Lecce.
Nell’ agosto del 2008 è stata una grandissima emozione rivederlo ricalcare il Ferraris in veste di allenatore dell’ Al Shabab in occasione di un amichevole estiva proprio contro la Sampdoria. E nel rivederlo salutare ancora una volta la Sud siamo sicuri che anche lui nascondeva la commozione dietro al suo consueto sorriso. Perché nell’abbraccio del Ferraris c’era tutto l’amore sbocciato in quei 6 anni, e mai dimenticato.
“Ha segnato col il numero 8 Toninho”
“CE-RE-ZO”