Cessione Sampdoria, la società ha un debito con Sace di 48 milioni: Affaritaliani ha messo in dubbio i tassi di interesse concessi al club
Il passaggio di proprietà della Sampdoria continua a far discutere. A muovere diverse critiche è affaritaliani.it che, sul proprio sito, ha messo in evidenza diversi punti che non tornerebbero nella storia tra Andrea Radrizzani, Matteo Manfredi e Massimo Ferrero. Innanzitutto la questione del debito con Sace, definito “dilazionato a condizioni e tassi fuori mercato”.
Affatitaliani parte da lontano. Ovverosia da quando Gianni Panconi, lo scorso 17 ottobre, disse in sala stampa: “Se non troviamo 40 milioni, falliamo. E l’anno prossimo ci troviamo a giocare a Vado”. Nonostante le difficoltà, però, la Sampdoria si è iscritta il 20 giugno al campionato di Serie B e il 10 agosto ha presentato un ricorso al Tribunale di Genova per l’omologa del piano di ristrutturazione, che prevede:
La transazione dei debiti tributari con l’Agenzia delle Entrate; la cessione della società e la rimodulazione dell’indebitamento nei confronti dei creditori. Il tutto sulla base di uno scenario che, ad oggi, sembra abbastanza complesso: il ritorno immediato in Serie A.
Sampdoria, Affaritaliani: i dettagli del debito con Sace
Cessione Sampdoria, i dubbi di Affaritaliani sul debito con Sace: tassi di interessi fuori mercato
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Al 31 maggio il totale dei debiti era di 150,90 milioni. Di cui 49,1 verso l’Agenzia delle Entrate, 71 verso i creditori finanziari e 30,8 verso creditori e fornitori. La Sampdoria ha ottenuto uno sconto dalla Agenzia delle Entrate, a cui pagherà 17,7 milioni, mentre 48 milioni per i creditori sono stati ottenuti tramite garanzia Sace con un pagamento tra 20 anni e interessi fino al 2,5%.
Le tre banche che avevano concesso i finanziamenti alla Sampdoria, cioè Macquarie, Progetto e Sistema, hanno escusso le garanzie. Sace (quindi lo Stato) è creditore della Sampdoria per circa 48 milioni. Gli interessi decorreranno – si legge – dal 2026 e la Sampdoria può “decidere di pagare lo 0,25% annuo, pagando la differenza alla data di scadenza ventennale”:
La rateizzazione in 20 anni avrebbe portato a un esborso annuale di 2,4 milioni di euro, compatibile con una società che fattura oltre 50 milioni. Nell’arco di questi 20 anni matureranno circa 21,7 milioni di interessi passivi, l’applicazione dell’IRS (attualmente al 3,22%) avrebbe portato un ulteriore ingresso di 6,3 milioni, un tasso fisso fondiario addirittura +11,3 milioni, immaginando un tasso al 3,8%. Rinunciare agli interessi del 2024 e 2025 significa salutare 2,4 milioni. C’è infine un’ulteriore clausola che lascia sgomenti: se l’attuale investitore dovesse vendere prima del 2043 (evento altamente probabile) sarà tenuto a pagare solo il 50% del debito, la restante parte si considererà dovuta solo se incasserà una quantità sufficiente di denaro.