Il 16 maggio 2020 Vujadin Boskov avrebbe compiuto 89 anni. Per onorare ancora una volta l’allenatore che costruì la SampD’Oro insieme a Paolo Mantovani, vogliamo ripercorrere la tracce di quella seconda avventura sulla panchina blucerchiata e terza complessiva a Genova, dopo la parentesi da giocatore.
L’estate del 1997 è burrascosa e traumatica in casa sampdoriana: il popolo blucerchiato è costretto a salutare il tecnico svedese Sven Goran Eriksson, ma soprattutto il capitano, il simbolo e l’emblema della vecchia Samp, Roberto Mancini.
Il colpo è di quelli tremendi, soprattutto perchè la piazza blucerchiata, dopo gli anni ruggenti sta assistendo ad un lento ma inesorabile ridimensionamento. Il presidente “papà” non è c’è più da qualche anno e il dolore è ancora forte. Il giovane figlio Enrico sta cercando comunque di tenere alto il nome della squadra e della famiglia, la squadra nel 1996-97) chiude al sesto posto finale e centra la qualificazione in Coppa Uefa.
Arriva Cesar Luis Menotti: un allenatore vincente, campione del Mondo nel 1978 alla guida della nazionale argentina, ma senza esperienza in Europa e in Italia. Ma alla Sampdoria c’è bisogno di ordine e di ricaricare un ambiente che visto partire il suo leader indiscusso in campo e nello spogliatoio. Ma l’operazione non riesce.
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Dopo una serie di risultati negativi e un’andamento altalenante, il giovane presidente in prima persona decide di esonerare il tecnico sudamericano. La rosa in fondo non è scarsa : ci sono Mihailovic, Veron, Karembeu, Montella, Klinsmann, Laigle e Tovalieri, solo per citarne alcuni. A metà novembre c’è ancora tutto il tempo per rimontare in campionato e avanzare in Coppa Italia.
Il 12 novembre 1997, assieme al direttore generale Emiliano Salvarezza, Enrico Mantovani compie un blitz a Novi Sad. L’indirizzo dove può andare a cercare aiuto è solo uno: Casa Boskov.
Vujiadin Boskov è inizialmente dubbioso. A Genova ha scritto pagine indelebili, ha reso realtà un sogno, ha compiuto imprese irripetibili. Sta per rifiutare. Ma alla fine i sentimenti hanno il sopravvento ed il tecnico dello scudetto blucerchiato non se la sente di dire no al figlio del suo vecchio presidente Paolo Mantovani. Al diavolo la razionalità, Boskov non riesce rinnegare un aiuto a quella società che ora è in difficoltà ma che può essere ritirata su senza grandi sforzi. Basta che non ci si aspetti da lui un’altro scudetto…
Boskov firma un contratto annuale, obbiettivo raggiungere l’Europa da raggiungere e la promessa a fine stagione di valutare il futuro. Boskov è sempre Boskov e avvisa tutti: “Arrivo domani e voglio mettermi subito a preparare la sfida di Coppa Italia col Milan che vinceremo sicuramente. Alla Samp non potevo dire di no, conosco tutti, inoltre sono stato allo stadio due volte quest’anno e ho visto le partite della squadra contro Bilbao e Piacenza, so che non avrò problemi di ambientamento o conoscenza”.
I tifosi sono giustamente divisi: qualcuno teme che la minestra riscaldata non funzioni, ma per molti lo zio Vuja è l’unico che può curare i mali della Sampdoria, compreso l’addio di Bobby Gol.
L’esordio del Boskov bis va in scena a Marassi, il 19 novembre 1997: la Sampdoria deve rimontare il 2-3 subìto dal Milan di Capello all’andata e la Coppa Italia è un obiettivo importante. La Sampdoria gioca meglio e al 19′ va in vantaggio con una delle solite punizioni di Sinisa Mihajlovic. Il tecnico serbo si dimena in panchina come ai vecchi tempi, mentre il Milan arranca. Nel secondo tempo, però emergono tutti i limiti difensivi dei blucerchiati e l’eliminazione è servita.
Il tecnico è deluso ma convinto che concentrandosi sul solo campionato le energie possano essere tutte convogliate per riconquistare l’Europa. Domenica 23 novembre ecco il nuovo debutto, stavolta in campionato contro il Bari, 5 anni e mezzo dopo l’ultima volta,. Marassi dedica a Boskov striscioni, cori ed applausi.
Alla fine del girone d’andata la squadra è sostanzialmente in linea con l’obbiettivo ed è in piena lotta per un posto in Coppa Uefa. Boskov sta facendo emergere il talento degli elementi migliori in rosa, su tutti Veron e Montella.Ma marzo è chiaro che l’obbiettivo europeo è sempre più difficile e la Sampdoria ha bisogno di ripartire da zero e di un progetto fresco. Con un colpo di reni finale, però ci si guadagna l’accesso all’Intertoto, per provare ad entrare in Uefa dalla porta di servizio.
L’ultima partita a Marassi di Vujadin Boskov sulla panchina blucerchiata è Sampdoria-Lecce 1-1 del 10 maggio 1998, un lontano ricordo la partita-festeggiamento sempre contro la compagine salentina 7 anni prima.
Spesso calciatori o allenatori tornano a sposare vecchie cause, a volte con successo, altre meno. Vujadin Boskov ci ha provato con la sua amata Sampdoria dopo oltre 5 anni dal suo addio. Poteva andare meglio, sicuramente. Ma il gesto d’amore conta più di tutto. L’aver fatto prevalere i sentimenti non può scalfire i successi passati.