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    Coppa Italia fa rima con rimpianti…

    Per la Sampdoria la Coppa Italia è diventata un tabù. L'ultima finale l'ha giocata Mazzarri poi solo brutte figure e uscite agli ottavi di finale
    Luca UccelloDi Luca Uccello5 Dicembre 2019Aggiornato:6 Dicembre 2019
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    Lazio's player hold the cup after defeated Sampdoria in their final football match of the Italian Cup (Coppa Italia) on May 13, 2009 at Rome's Olympic Stadium. Lazio beat Sampdoria 6-5 on penalties following a 1-1 draw to win the Italian Cup and qualify for next season's Europa League. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
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    Coppa Italia significa rimpianti. Almeno a Genova, dove l’ultimo nostro grande ricordo risale a una finale persa ai rigori contro la Lazio. Era il 2009, un calcio che risale esattamente a dieci anni fa, quando ci fu una vera e propria cavalcata della Sampdoria, che dagli ottavi di finale contro l’Empoli arrivò alla finale contro la Lazio, eliminando in semifinale l’Inter di José Mourinho.

    Ad allenare quella Sampdoria c’era Walter Mazzarri, a guidarla in attacco c’era Antonio Cassano. Dopo la vittoria per 2-1 sull’Empoli e il successo sull’Udinese ai rigori, per mano – è il caso di dirlo – anche di un reattivo Mirante a difesa dei pali blucerchiati, la sfida con l’Inter dello Special One regala a Mazzarri una gioia immensa, che gli permette di accedere a una finale di Coppa Italia. Dall’altra parte c’è la Lazio di Delio Rossi, quella che si affida a Brocchi, Ledesma, Dabo e Foggia a centrocampo, con la coppia Zarate e Pandev in attacco, con Tommaso Rocchi in rampa di lancio. Nelle file avversarie c’è un giovanissimo Lorenzo De Silvestri, che entra anche nei supplementari e che qualche anno più tardi vivrà una nuova primavera a Genova.

    La Lazio arriva dalla doppia vittoria sulla Juventus, dopo aver battuto anche il Torino ai quarti di finale: Mazzarri prova a contrastare la velocità di Zarate con il suo modulo marchio di fabbrica, quel 3-5-2 che ancora oggi a Torino gli appartiene e lo contraddistingue. A difendere la porta di Castellazzi c’è la linea composta da Campagnaro, Lucchini e Accardi, con quest’ultimo che durante la semifinale con l’Inter aveva dovuto alzare bandiera bianca dopo pochi minuti a causa di un infortunio: in finale, però, vuole esserci e vuole essere protagonista. Zarate dopo appena quattro minuti buca Castellazzi, poi alla mezz’ora il solito Pazzini, con un preciso colpo di testa, rimette in parità la gara. Poi la lotteria dei rigori, quel momento in cui può accadere qualsiasi cosa e si annulla la tattica e la strategia costruita fino a quei minuti: è una sfida di nervi, vince chi ha l’intuizione migliore, chi riesce a piazzarla, a sfruttare quello spazio che gli addetti ai lavori chiamano tra palo e paletto, a beffarsi del portiere. L’errore arriva dai piedi di Antonio Cassano, che sbaglia il primo rigore, poi dopo il gol di Ledesma per la Lazio sbaglia Rocchi: si resta in bilico fino al settimo rigore, quando Dabo segna e dall’altro lato sbaglia Campagnaro, dopo le trasformazioni di Palombo, Pazzini, Gastaldello, Accardi e Delvecchio.

    Fu l’anno della delusione dell’Olimpico, del tredicesimo posto in Serie A e dei sedicesimi di finale di Europa League: un anno in cui la Sampdoria giocava fino alla fine, cercando di arrivare fino in fondo alle competizioni in cui era impegnata. Con Cassano, giocatore più presente durante la stagione con 45 partite all’attivo, di cui 35 in campionato, e anche capocannoniere della squadra con 15 reti, tante quante Pazzini, la musica era sicuramente diversa. Era l’anno in cui la Sampdoria esordiva con un 1-1 contro l’Inter di José Mourinho, che al gol di Delvecchio, che pareggiò quello di Ibrahimovic, pretese un innesto chiamato Quaresma, ma fu anche l’anno di un derby perso il 7 dicembre 2008 con una rete di Milito, e di un altro sempre perso il 3 maggio con la tripletta del Principe. Poi la gioia del gol di Bottinelli al Siviglia, che spinse Mazzarri ai sedicesimi di finale di Coppa Uefa, quando ancora non si chiamava Europa League. Era una Sampdoria che se la giocava, sempre.

    Dopo quella finale la Sampdoria ha raggiunto i quarti di Coppa Italia nel 2010-11, l’anno della disastrosa retrocessione in Serie B con Alberto Cavasin, ma dal ritorno in Serie A, l’anno successivo, si è sempre fermata agli ottavi, senza mai superare lo scoglio che le si presentava nel mese di gennaio. Tra turnover elaborati, palesi dichiarazioni di non volersi impegnare in una competizione che non richiede eccessivi sforzi né una rosa abbondantemente lunga, nessun allenatore dopo Mazzarri ci ha più voluto credere. Ancor meno Giampaolo, che l’anno scorso contro il Milan ha avuto la più nitida delle occasioni per arrivare ai quarti di finale, sfumata nei tempi supplementari al Ferraris in maniera rocambolesca.

    Forse sarà un lord come Claudio Ranieri a ridare lustro al nostro cammino in Coppa Italia, nell’anno più buio dell’era Massimo Ferrero, nel momento più difficile da quel ritorno in Serie A? Sarà lui a farci rivivere le gioie di quel tabellone che Mazzarri riuscì a domare, per farci sognare di nuovo, per farci sperare ancora in qualcosa? Io spero di sì…


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